Ministero della Giustizia: criteri guida per i codici di comportamento 231

Il Ministero della Giustizia il 10 Febbraio è intervenuto in tema di responsabilità amministrativa degli enti, pubblicando i “Criteri guida per la redazione di codici di comportamento delle associazioni rappresentative degli enti”.Il documento dettaglia la procedura di approvazione dei codici di comportamento e il ruolo del Ministero in questo processo ha come scopo quello di rispondere a due principali obiettivi:

1)informare le associazioni in merito agli aspetti tecnici e procedurali per ottenere l’approvazione dei codici

2)fornire indicazioni metodologiche al fine della loro predisposizione e redazione oltre all’aggiornamento di tali codici.

Nonostante le modalità di attuazione restano responsabilità esclusiva di ciascun ente, i codici di comportamento hanno lo scopo di essere un punto di riferimento utile per l’elaborazione di modelli efficaci.

Fondamentale è il fatto che i codici illustrino la distinzione tra Parte Generale e Parte Speciale dei modelli organizzativi al fine di agevolare gli enti associati nella loro predisposizione.

Il documento raccomanda, inoltre, alle associazioni di categoria di indicare quali componenti devono essere incluse nella Parte Generale dei modelli organizzativi, evidenziando anche le modalità attraverso cui tali componenti possono essere adattabili in base alla dimensione e alla struttura degli enti associati.

Elementi essenziali:

1-l’efficacia, cioè saper orientare il comportamento degli associati tramite la predisposizione di linee guida chiare, nell’ottica di prevenzione dei rischi reato;

2-la specificità, intesa nel fatto che è essenziale che tale codice delinei l’ambito di operatività dei soggetti associati per evitare la riproduzione di modelli di organizzazione caratterizzati da genericità ;

3-la dinamicità, cioè la capacità del codice di comportamento di fornire indicazioni non esageratamente rigide.

Procedura di approvazione dei codici  

Nel documento si precisa che l’approvazione dei codici avviene mediante una procedura ben precisa che coinvolge il Ministero della Giustizia e può inglobare anche osservazioni riguardo all’idoneità del codice a prevenire i reati;

Il processo di approvazione viene regolato dal D.M. n. 201/2003 il quale prevede che le associazioni presentino i propri codici uniti allo statuto e all’atto costitutivo, in seguito saranno esaminati e una volta appurata la loro conformità ai criteri richiesti, verranno approvati entro un termine di 30 giorni, salvo osservazioni ministeriali. Quanto alla parte generale del modello organizzativo, questa, deve trattare gli aspetti fondamentali dell’ente, come i destinatari del codice, la struttura, la metodologia di identificazione dei rischi e la definizione di un preciso sistema disciplinare.

Abbiamo una parte finale del documento dove il Ministero fornisce indicazioni su come le associazioni dovrebbero strutturare i propri codici di comportamento specificando alcuni elementi essenziali, fornendo protocolli concreti per le attività sensibili.

La Gestione del Rischio di Reato individua quelle aree aziendali in cui i dirigenti e/o i dipendenti potrebbero decidere di agire a vantaggio dell’azienda andando però a ledere alcuni interessi diffusi e giuridicamente rilevanti come la salute dei lavoratori, gli interessi e il patrimonio della Pubblica Amministrazione, la privacy di dipendenti o soggetti terzi, l’ambiente, i diritti umani.

La procedura di controllo, regolata dal D.M. 26 giugno 2003, n. 201 impone che le associazioni di categoria trasmettano i codici al Ministero unitamente allo statuto e all’atto costitutivo, passaggio che serve a verificare la rappresentatività effettiva dell’associazione richiedente, questo requisito è fondamentale per il processo di validazione. Nel caso in cui l’ esito della verifica sia negativo, il procedimento viene interrotto, e verrà precluso l’esame del merito del codice.