La Corte di Cassazione (Cassazione, Sez. Lavoro, Ordinanza n. 3607 del 12 febbraio 2025), ha chiarito che il prestatore di lavoro può essere legittimamente licenziato se usa l’auto aziendale per scopi privati durante l’orario lavorativo.
La vicenda Giudiziaria
La Vicenda ha per protagonista un dipendente che in seguito a un’indagine investigativa, è stato sorpreso in più occasioni a utilizzare il veicolo aziendale per scopi personali, creando una “situazione di apparenza lavorativa” fraudolenta.
Veniva aperto un procedimento disciplinare a seguito del quale il lavoratore veniva licenziato.
Il ricorso in Cassazione
Da qui l’impugnativa che veniva rigettata sia in primo che in secondo grado e il ricorso in Cassazione, innanzi alla quale il lavoratore lamenta tra l’altro l’illegittimità dell’attività investigativa svolta dall’azienda, per avere incaricato un’agenzia privata per controllare le mansioni svolte dallo stesso all’esterno dell’impianto contra legem (artt. 2, 3, 4 legge n. 300/1970). Sostiene, inoltre, che dal controllo investigativo non è emersa alcuna fattispecie penalmente rilevante e non sono state individuate condotte riconducibili a responsabilità aquiliana. Infine, violazione della privacy e omesso esame di fatti decisivi, per mancata considerazione della genericità e faziosità della relazione investigativa, svolta da agenzia privata retribuita dal datore di lavoro.
L’utilizzo dell’auto aziendale per fini privati durante l’orario di lavoro è considerato fraudolento se :
- costituisce una violazione degli obblighi contrattuali: il dipendente utilizza uno strumento aziendale per scopi non previsti dal contratto di lavoro;
- rappresenta una falsa attestazione della presenza in servizio: Il dipendente risulta al lavoro (grazie alla timbratura del badge), mentre in realtà si dedica ad attività personali;
- implica una riduzione fraudolenta del tempo di lavoro: il dipendente sottrae tempo alla prestazione lavorativa per dedicarsi a faccende private;
- comporta un danno economico per il datore di lavoro, sia per il costo dell’auto aziendale utilizzata impropriamente, sia per la mancata prestazione lavorativa.
L’impiego fuori dall’orario di lavoro è legittimo solo se concesso dal contratto aziendale e, quindi, con il consenso del datore.
Quando sono legittimi i controlli investigativi sul dipendente
Nel caso di specie, l’illecito era stato accertato da un’agenzia investigativa. La Cassazione ha più volte confermato la legittimità di tali controlli operati da soggetti esterni, solo se fuori l’azienda e alla fine dell’orario di lavoro. Essi inoltre sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo, non potendo, invece, avere ad oggetto l’adempimento/inadempimento della prestazione lavorativa, in ragione del divieto di cui agli artt. 2 e 3 St. lav. (v. Cass. n. 6174/2019, П. 4670/2019, п. 15094/2018, п. 8373/2018); cfr. anche Cass. n. 6468/2024, n. 10636/2017).
Ad esempio è un controllo illegittimo quello effettuato da un investigatore che controlla se un operaio esegue correttamente le sue mansioni in fabbrica. Invece integra un controllo legittimo quello di un detective che verifica se un dipendente, che dovrebbe essere in visita presso un cliente, si trova invece al bar.
No alla violazione della privacy
Neppure sussiste, la lamentata violazione della privacy del dipendente, seguito nei suoi spostamenti, se i controlli sono effettuati nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge e dallo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970). In particolare:
- i controlli devono essere mirati a verificare comportamenti illeciti, finalizzato ad accertare le cause dell’allontanamento ;
- i controlli devono essere svolti in luoghi pubblici (non è ammesso pedinare il dipendente nella sua abitazione o in altri luoghi privati);
- i controlli devono essere proporzionati all’illecito sospettato.